martedì 5 marzo 2019

IL BAMBINO PUNGITOPO le metafore pungenti dell'infanzia.

Stamani dopo essere stati nel bosco a osservare, ascoltare ed odorare l’Inverno che se ne sta andando prima del tempo, siamo andati alle nostre 4 aiuole stagionali. Simonetta, la mia collega esperta di piante selvatiche, di fiori di campo, di semi e di ogni forma di grazia e bellezza vegetale, ci mostrava il magico rifiorire della vita e il falso morire dell’inverno. Noi ascoltavamo, scoprivamo la ‘piccola’ foresta inferiore, dove si affacciano scorci di viola feroce, di pervinca e di giallo, dove ciò che marcisce alimenta un brulicante senso di rigenerazione costante. E’ il tempo prematuro delle violette, dei narcisi. I tulipani sbucano anzitempo nell’aiuola di primavera mentre ancora l’elleboro, nell’aiuola d’inverno, fa mostra delle sue turgide fioriture verdi.
Proprio mentre eravamo seduti intorno all’aiuola più sorprendente, quella d’Inverno, con gli iris screziati, gli ellebori e i pungitopo, il calicanto prossimo ad aprirsi, accade una cosa. Una di quelle epifanie a me tanto care.
Quando vedi le cose, scorgi una verità.
Capisci qualcosa di te e di chi hai di fronte.
Lui è un bambino tostissimo. Difficile. Capace di sovvertire l’equilibrio. Di romperlo. Una delle sue modalità ricorrenti è la provocazione. Il suo centro è lui e una richiesta costante di attenzione e di affetto, sostenuta dalla sua intelligenza, ne fanno un disturbatore senza pari. Da Settembre ad ora è riuscito a portare me e la mia collega a stadi di esasperazione davvero alta. Ho avuto le vene in fronte e nel collo per attacchi di rabbia come poche volte mi è successo nella mia carriera.
Eppure sappiamo che soffre.
Che la sua rabbia e la sua energia senza argine hanno origini in una zona di ombra dentro di lui, è un modo per reclamare il suo diritto di esistere. Esistere a scapito di tutto e di tutti.
Del resto le aiuole stagionali ci ricordano che ogni essere desidera esistere a scapito di tutto e di tutti.
Bene.
Questo provocatore piccolissimo si incaponisce di sapere il nome di una pianta che Simonetta sta illustrando.
- E’ il pungitopo.
- No, ascolta, - risponde con gentilezza lei, - questa pianticella non è il pungitopo.
Lui insiste finché comprende che si è confuso con l’arbusto accanto a quello di cui stavamo parlando.
- questo è il pungitopo, - dice il bambino indicando il vero pungitopo. Le sue bacche rosse attaccate alle foglie ostentano la propria singolarità, - è la mia pianta preferita.
Mi scappa un sorriso ed una battuta:
- E ci credo, ti ci vedo proprio come pungitopo.
Lui si fa serio, lo sguardo è umido.
- Sì, - dice con una spiazzante calma malinconica, - è come me, pungente.
Pungente.
Anche i compagni lo guardano. E’ l’epifania.
Lui non guarda nessuno.
Io e Simonetta ci scambiamo uno sguardo complice e sono sicuro che lei sta provando quello che provo io. Abbiamo sentito quella tensione che si fa liquida, spezzandosi nella testa per farsi commozione. A volte capita a noi maestri e quando capita proviamo un senso di profondo smarrimento misto ad ammirazione. Questo stato emotivo, per cui ti smarrisci nell'ammirazione, non ha un termine preciso nel vocabolario italiano per definirsi. Però esiste. ed è una cosa potente e strana.
- E’ bello quello che hai appena detto, - dico.
- Non è bello, - ribadisce lui.
- Non c’è niente di male nell’essere pungenti. Saperlo riconoscere è una cosa bella e importante.
Questo forse lui non l’ha capito anche perché, diciamocelo, quando è pungente, ripetutamente pungente, non riceve di certo apprezzamenti.
Eppure quella sua capacità di cogliere la metafora che la sua pianta del cuore gli offriva ci ha messi, per un breve istante, in una forte sintonia.
L'ho ammirato profondamente smarrendomi in questa ammirazione.
Può una cosa pungente, capace di produrre bacche meravigliose, essere una bella cosa?
Sì. Restituire al pungitopo il suo ruolo nell’insieme dell’aiuola, farlo splendere della sua bellezza senza che il suo essere pungente sia una minaccia ma solo una caratteristica, ecco….
So che è là che dobbiamo tendere.
Proteggere i pungitopo da se stessi, dalla propria pungente natura, e riconsegnarli alla bellezza dell’insieme.
Maestro delle Balene