giovedì 15 agosto 2013

Pittori da scoprire: l'audace dimenticato. Altobello Melone.


Guardate, vi prego, questo dipinto. Lo trovo di una bellezza sconcertante. Ci raggiunge dal primo Cinquecento come uno schiaffo, una testimonianza di verità tra le più belle e singolari di tutta la storia del ritratto.
Si tratta di un'opera nota come 'La coppia degli amanti', della quale il pittore ha redatto più di una versione. Questa è quella del Museo delle Belle Arti di Budapest.
L'artista per molti è poco noto. Il suo nome è rimasto celato nei meandri della storia ed è conosciuto soprattutto dagli studiosi. Si chiama Altobello Melone, nacque a Cremona negli ultimissimi anni del Quattrocento quando le innumerevoli civiltà artistiche italiane sembravano un galleggiante mosaico di vitalità e voglia di primeggiare in bellezza. Il nostro paese era un continuo scintillio di variazioni su temi e suggestioni che correvano freneticamente per tutta la penisola. L'Italia era allora un'idea e una sagoma geografica. Non poteva essere altro che questo poiché la sua superficie era frazionata di stati, satelliti e città in guerra o in aperta gara.
Altobello, nascendo a Cremona, fu apparentemente distante dai centri maggiori ma ne subì l'influenza senza venirne eccessivamente contaminato: questo lo rese colto ma spregiudicato, educato eppure libero di inventare. Da Milano lo raggiunse un certo naturalismo leonardesco proteso su sfocate lontananze e distese fatte d'acqua e corpuscoli aerei; a Brescia, ove lavorò con il grande Romanino, costruì una visione luminosa e piena, gustosamente curiosa dei dettagli del vivere quotidiano; da Venezia, l'arrogante Serenissima, assimilò un gusto carnale del colore e una sprezzante trascuratezza del disegno.
Guardate ora questo capolavoro: si capisce subito che il pittore è una mosca bianca nell'universo artistico di allora tutto proteso ad un ideale assoluto di bellezza aulica. Qua siamo di fronte ad un pittore anticlassico, che viene attratto dall'inconsueto, dagli aspetti meno convenzionali della vita. In questo fu aiutato dagli esempi di pittura tedesca e fiamminga che in quei tempi circolavano in Nord Italia. I due giovani, seppur in qualche modo vestiti d'eleganza, sembrano rampolli svitati, i meno preferiti, i secondo geniti poco considerati di qualche buona famiglia mercantile. Hanno fatto appena l'amore o lo faranno entro poco. Ma non gioiosamente, saranno come offuscati dalle loro inquietudini, magari da una qualche droga consumata assieme, in una intimità che profuma di fuga, disperata ma orgogliosa, dalla durezza della vita. Questi due giovani non anticipano forse intere generazioni di veri o presunti dandy, di poeti maledetti, di bohemien scapigliati? Possiamo spingerli fino ai recenti decenni delle contestazioni e li troveremmo paurosamente attuali. Bellissime le parole di Mina Gregori quando di Altobello Melone, a proposito di questo dipinto, sottolinea:

"l'impasto inestricabile di miseria e nobiltà che s'impersonano in questo malinconico Ruzzante e nella sua compagna."

Questo tipo di ritratti mi colpisce sempre perché ha il potere di toccare in modo commuovente i sottotesti della vita, i 'non detti' che a volte sono ciò che dona massima consistenza all'esistenza umana.
In quel sapiente mixage di malinconia e fiera autodeterminazione, nel consapevole sentirsi diversi nel destino ma anche nell'abbandono ad un abisso di rischi, i due amanti giovani del dipinto ungherese sembrano chiedere diritto di asilo oppure, invece, sdegnano il nostro guardarli, certi che nell'assunto borghese che ci connota saremo incapaci di comprenderli. 
La grigia consistenza di tenebra che li avvolge li consegna così alla storia, belli e dannati, non inquadrabili, fuori dalle facili etichette. Io li amo profondamente questi due amanti giovani e sfortunati, la loro umanità sfocata mi appartiene, mi pungola come una sofferenza sottile. 
Per questo penso che all'arte occorrano sempre menti come quella di Altobello Melone, divergenti e capaci di andare oltre al canone per cogliere la vera vita. Terribile e commuovente.

lunedì 12 agosto 2013

La maledizione di Horton

Guardava nel buio, attraverso quella coltre caduta come una maledizione sul suo orizzonte. Metteva a fuoco uno
spiraglio che non concedeva altro che vaghe idee. La distesa piatta che chiamiamo vecchiaia, era arrivata spietatamente a reclamare la sua monotonia. Sottraendole quel mezzo che le era stato più caro d'ogni altro, la vista. Lei che aveva letto, viaggiato leggendo, imparato leggendo. Lei che attraverso l'occhio, tramite il gesto consumato della lettura, aveva allenato la sua testa meravigliosa rendendola eternamente giovane e sveglia. Ora, quella giovinezza mentale le rendeva ancor più odioso dover vagare a tentoni, spaventosamente sospesa sul nulla, in quella landa piatta di bruma che si chiama vecchiaia. In essa, lei si diceva, anche raccogliere i frutti di ciò che si è seminato può diventare amarissimo.

sabato 10 agosto 2013

Il giardino incantato di Dürer.

Proprio oggi sono incappato in questa bellissima illustrazione. Si tratta di un acquarello del disegnatore inglese William Callow che nel corso dell'XIX secolo ritrasse l'antica casa del pittore Dürer a Norimberga.


In quella città aveva vissuto, infatti, il grande artista tedesco del Rinascimento. E in quella città era sempre ritornato dopo i suoi importanti viaggi compiuti soprattutto in Italia, dove gli artisti nordici venivano per imparare i segreti e le tecniche della grande arte.
L'acquarello di Callow ci presenta il grande edificio simile ad un maniero fiabesco, quasi miyazakiano, inserito in un contesto urbano vivace, di legno e intonaco, popolo brulicante e carri gonfi di merce. Il tutto stagliato contro un cielo tinto con quell'inconfondibile azzurro che solo il XIX secolo è riuscito a creare e che io, appunto, chiamo 'Celeste Ottocento'.
Ora, perdendomi nei minuziosi dettagli di questa illustrazione di viaggio, mi immaginavo la vita là in quella casa gigantesca, già ipotizzavo un ventaglio di storie possibili. Sì, perché questo genere di preziosi disegni hanno quel potere tutto particolare di darci l'avvio per una, dieci, cento narrazioni.
Proprio nel riflettere sulla tecnica dell'acquarello, ecco che dalla casa di Dürer son passato a Dürer stesso. Ho salito le scale dietro i graticci, mi sono immerso nelle penombre. Per le vie i carri si sono azzittiti e dall'Ottocento di Callow son rifluito nel fangoso e rivoltoso mondo della Germania di primissimo Cinquecento
Eccolo là, nella sua stanza di lavoro. Dürer. Egli era bellissimo. I lunghi capelli ben curati e impomatati per mantenere i boccoli piombati. La barba curata coi baffi intorno alla bocca carnosa.

Dürer era un narciso seppur animato da un moralismo inquieto che sapeva cogliere di sé, oltre quella bella superficie, i lati d'ombra, le malinconie, l'essenza di una vita creativa incentrata sulla solitudine. Questo ossimoro fra autocompiacimento e percezione dolente dell'esistenza, trapela in un meraviglioso disegno in cui l'artista si ritrae nudo.
L'omaggio evidente alla statuaria classica e al primo Michelangelo, si compenetra con una sorta di cupezza emotiva. Quest'uomo sapeva di essere bello e sapeva di essere profondamente tormentato.
Fu un eccelso pittore. Viaggiò molto assorbendo spunti molteplici. Si dedicò all'acquarello principalmente per due motivi: appuntare dettagli di viaggio (frammenti di paesaggi, particolari di elementi naturali o rurali) oppure studiare la natura delle cose. 
E' quest'ultimo aspetto che mi affascina di più. Scorrendo i meravigliosi disegni acquarellati dei taccuini Düreriani, si entra in un giardino di meraviglie dove accanto a zolle erbose descritte con verità commuovente, appaiono leprotti dal pelo screziato....


Dürer è stato paragonato al suo contemporaneo Leonardo per questo amore per i dati naturalistici. Io credo che egli superò Leonardo nella precisione ottica con cui seppe cogliere l'intima verità delle cose da lui osservate. Pur non avendo il piglio dello scienziato, egli procedeva in modo rigoroso. Le sue possono a tutti gli effetti essere considerate tavole botaniche e zoologiche. 
Si guardino il meraviglioso Granchio o il Cervo Volante. Alla realtà tangibile della loro natura si unisce uno sguardo complice, quello di un pittore che ama il soggetto trattato.

 


L'arte di Dürer si popola così di animali e piante vivi, capaci di restituirci il senso di una natura palpitante che viene indagata, scandagliata ma sempre amata. Essa è la fonte primaria di ispirazione. L'arte non può che imitarla.

 

Dürer coglie gli animali nelle loro azioni abituali. Ecco dunque scoiattoli che rosicchiano delle ghiande, un porcospino dall'aria assonnata, un piccolo cinghiale che sembra impaziente di scappare via, un barbagianni con l'espressione stralunata.


Si tratta di un patrimonio davvero singolare e prezioso che ci restituisce l'immagine di un nuovo mondo, quello che apre la strada al tempo che chiamiamo 'epoca moderna'. 
In quella casa splendidamente regalataci dal tratto modernissimo di Callow, tra le mille storie possibili, c'è una narrazione fatta di occhi e pennelli, di osservazione e sentimento, di animali.
Un giardino incantato, ennesima grazia concessa a noi dall'estro dei grandi artisti.

venerdì 2 agosto 2013

La condanna di Berlusconi. Per un'Italia responsabile



E ora, noi Italiani, saremo capaci di cambiare il corso delle cose?

O ci accontenteremo solo di una meritatissima condanna?

Saremo finalmente capaci di andare oltre alla beatificazione dell'evento o ne rimarremo, come altre volte, prigionieri?

Solo se accetteremo con dolore, come collettivo, come società, come grande civiltà quale siamo potenzialmente, solo se accetteremo, dicevo, quella condanna come una condanna a tutti noi, avremo la possibilità di cambiare davvero le cose. Altrimenti, se ci gongoleremo nel decantare il 'cattivo punito' senza assunzione alcuna di responsabilità, avremo fatto l'ennesimo buco nell'acqua.

Perché la sua odiosa presenza ventennale è colpa non solo di chi gli ha creduto, di chi lo ha sostenuto, protetto, difeso, idolatrato. E' anche di chi lo ha irriso, di chi dai salotti ne ha sbeffeggiato la grottesca bassezza, di chi lo ha prima sottovalutato e poi ipervalutato, di chi - mascherandosi da oppositore - ne ha assunto, come spugna fetida, il pericoloso stile d'azione e di pensiero.




Oggi siamo stati tutti condannati ed è un gran bene.




E' uno schiaffo che ci deve prima umiliare e poi spingere alla costruzione di una nuova, importante comunità civile. Nella direzione di uno stato che non abbiamo forse mai avuto o che abbiamo perduto: lo stato morale, lo stato etico, lo Stato.




Un bacio a te, Italia. Che non sei la mia patria perché non credo alle Patrie. Ma che sei la bella e martoriata terra in cui il destino ha deciso che nascessi.

Nella vergogna, oggi ti amo un po' di più.