sabato 11 ottobre 2014

Ha senso ancora insegnare?

E' un mese circa che è iniziata la scuola.
Sto vivendo il momento vertiginoso della conoscenza.
Ho 14 piccoli allievi di sei anni. Estatici, vivaci, irrequieti ma felici di scoprire. Mi piace stare con loro, frequentarli, ascoltarli e vedere, da posizioni defilate, come lavorano, come risolvono le varie problematiche che l'apprendimento, così come lo intendiamo nella mia scuola, pone loro.
Insegnare osservando è qualcosa di immensamente appagante.
Insegnare.
La scuola funziona come una sorta di bolla.
Anche se devastata, cadente, minata, mi protegge.
Come rientro nel flusso esterno della vita sociale, della politica, come mi affaccio sempre più arrabbiato, acido e corrosivo (perché penso che sia giusto così) nel dibattito schizofrenico dei social forum, vengo investito da una sofferenza, da uno sfiato d'abisso che mi percuote facendomi davvero male.
Alla fine ne ricavo, sempre, inesorabilmente, una visione del mondo, della società, dell'uomo e di me stesso che non mi piace, anzi, mi ributta, delinea con chiarezza un'amara realtà che sembra non potersi riscattare.
Alle soglie dei 40 anni la dimensione reale e sociale del pianeta e dei vari particolarismi a cui appartengo si è come spogliata di ogni ottimismo, d'ogni volontà di accontentarsi, di ogni tentativo di dire che c'è anche qualcosa di buono. Perché qualcosa di buono c'è, e io lo sottolineo a me stesso prima che agli altri. Ma il molto, il più che dipende da noi, non è buono.
Alla fine pervengo a questa conclusione: l'uomo è un animale.
Nulla di più.
Un animale. Che equivale a dire che ci siamo illusi che il pensiero evoluto ci rendesse altro. Siamo bestie. Capaci di coesione come di violenza, miranti all'autoconservazione per principi istintuali. Incapaci di accedere davvero alle sfere evolute del nostro apparato cerebrale.
Sappiamo disquisire e sfoggiare, ma raramente il nostro sapere (se c'è) è messo al servizio del gruppo sociale. Raramente ci modifica per renderci saggi.
E chi si gongola nella propria cultura, esternando cinismo o razionalità fitta di citazioni, partecipa dello stesso gioco di chi, invece, procede solo col ventre, sputa sentenze e non ha cultura per sostenere le proprie bassezze.
Manca la connessione.
Non c'è stata, nella nostra storia evolutiva, la capacità di equilibrare l'arcaica forza animale delle emozioni con le più evolute sostanze del pensiero complesso. Sicché o siamo bestie pensanti e sprezzanti o siamo bestie ignoranti e istintive.
Che senso, ha dunque, insegnare?
Cioè, mi chiedo, in che direzione deve procedere un animale docente di fronte ad una nidiata così bella di cuccioli sapendo già che il mondo esterno alla bolla è capace, in pochi minuti, di annientare ore e giorni di formazione? Di tentativi di connettere quelle emozioni a quel pensiero evoluto?
Sì, perché poi c'è la rischiosa sensazione di essere, in quanto insegnanti, superiori a questo stato animale delle cose.
Ed invece no.
Siam bestie anche noi.
Ma un senso io lo trovo. E su questo procedo.
Quando l'uomo pensa, si immerge in una dimensione superiore. Eleva il suo stato animale, puramente emozionale, ad un livello esterno di comprensibilità del mondo e di se stesso.
In certi momenti, questo stato di grazia, se e solo se sfugge il compiacimento o lo snobismo, produce un incanto assoluto che ci fa intravedere la grandezza dell'individuo, dell'essere in quanto tale.
Dobbiamo a quei momenti, i grandi monumenti del pensiero civile. In primis la nostra Costituzione. Basterebbe quella a guidarci su binari di equilibrio. Perché quel testo tanto ardito, riesce proprio laddove l'uomo, in sè, non riesce: a compenetrare in equilibrio ragione ed emozione, pensiero e memoria, riflessione e slancio, legge ed empatia.
Comprendo che ciò esista solo in un piano mentale, nelle idee e non nel reale. Questo, ormai, mi è chiaro. Io penso che la grandezza del nostro pensiero alberghi fuori di noi, sia uno spazio che creiamo come splendide architetture. Ma un grattacielo, anche il più bello, non è l'architetto che lo ha realizzato. Il dipinto più sublime non è il pittore che lo ha dipinto. Il testo più bello non è lo scrittore che lo ha scritto. La costituzione più splendente non è la società o il gruppo che l'ha pensata. Ciascuna di queste opere è migliore di chi l'ha progettata. Ma il grattacielo vuole il suo architetto, il dipinto reclama il suo pittore, non c'è libro senza scrittore, casa senza muratore, costituzione senza costituente.
Ed ecco perché insegno.
Perché ci siano bravi architetti, degni muratori, profondi scrittori, genitori capaci di amare con saggezza, uomini destinati a creare altre costituzioni, viaggiatori per un domani che non mi compete, orizzonti che non varcheremo noi. Forse migliori.
E poi, soprattutto, insegno per me. Per cambiare. Per cercare, faticosamente, l'equilibrio che possa rendermi, forse, un poco meno bestia ma più animale degno.
Forse.
Insegnare perchè forse...
E' già tanto.









Nessun commento:

Posta un commento