domenica 31 gennaio 2016

La famiglia. Ovvero la schiavitù.


In questi giorni si parla troppo di famiglia.
Se ne parla troppo in modo sbagliato.

Un fiume di parole e saperi inquinati muove alcuni, tanti a dire il vero, nella sterile difesa di un concetto. Sì, perché chiunque scenda in piazza a reclamare la difesa della 'famiglia tradizionale' non può che accampare il vuoto. Difende un concetto e non una realtà. La realtà, anche in superficie, dimostra infatti da molto che quel concetto è in crisi, che non esiste più, anzi, che forse non è mai esistito.
E' un fiume sporco, senza trasparenza.

Io reputo utile, a volte, risalire alla fonte dei fiumi, anche quelli inquinati. Lassù, alla fonte, le cose si riordinano e una trasparenza inattesa ci aiuta a comprendere.
Amo l'etimologia delle parole proprio per questo.
Strutturalmente, per il lavoro che faccio, cercare l'origine dei termini è una cosa che produce incredibili connessioni e riflessioni.
Dunque. Eccoci alla sorgente della parola 'famiglia'.
Alla sorgente di un fiume inquinatissimo.

La parola ha origine latina. Per i romani il FAMULUS era il servo schiavo che apparteneva ad un patrizio. La famiglia per estensione, era l'insieme degli schiavi (che potevano raggiungere il numero di cento e più unita) sottoposto ad un unico PATER FAMILIAS, cioè ad un padrone, e delle persone giuridicamente sottoposte a costui.
Non entro nel merito del concetto, estremamente articolato e complesso della FAMILIA romana antica. Sappiamo che, in essa, per estensione, si annoveravano anche le persone che frequentavano con consuetudine la domus. Quelli che noi chiamiamo oggi amici di famiglia.



A me interessa, soprattutto, l'origine. Da quella non si scappa. rimane alla radice di tutto. Dunque la parola primitiva da cui deriva FAMIGLIA è il FAMULUS, cioè il servo, lo schiavo. Ovvero un essere umano che la legge non riteneva tale bensì considerava alla stregua di un oggetto. Una proprietà privata che apparteneva ad un uomo che, invece, era legalmente riconosciuto.
Negli sviluppi contorti e stratificati che l'istituzione familiare ha avuto nel corso dei secoli, le implicazioni legate alle istanze di pensiero e di controllo attuate dalle grandi religioni monoteiste cancellarono in apparenza l'antico profilo giuridico della famiglia. Ne venne fuori, nell'Occidente cristiano, un nucleo ristretto, fatto solo di rapporti parentali di sangue. Eppure, seppur scomparsi gli schiavi nell'accezione classica, nella famiglia i ruoli di subordinazione e sottomissione al 'capo' rimasero.

Dobbiamo attendere la fine dell'Ottocento e la letteratura del Novecento perché gli scrittori e il teatro contemporaneo svelino gli innominabili meccanismi costrittivi della famiglia. La famiglia borghese (ma anche quella contadina, ma anche quella aristocratica e anche quella proletaria) erano gabbie: soffocanti gabbie che vincolavano gli individui alla luce di una sorta di regolamento tradizionale costituitosi nei secoli sotto il beneplacito della religione e dei sistemi di potere per cui la moglie si sottometteva al marito e così i figli secondo gerarchie di anzianità. Inoltre, evidenza persino scontata tanto da divenire luogo comune, si sa che il matrimonio fu storicamente un contratto al quale l'amore, molto spesso, non partecipava. La schiavitù persisteva secondo nuove forme.



Poi giunsero le rivoluzioni culturali, i sovvertimenti del sistema borghese e in tempi recenti le famiglie hanno acquisito un'autenticità nuova. Si è giunti, almeno nei paesi più laici, alla creazione di una costellazione di nuclei autenticamente creatisi per affetto, per amore. Nuclei che possono essersi legittimati con matrimoni ufficiali oppure, e sono sempre più frequenti, si sono fortificati attraverso la convivenza.
Se le società si evolvono e le strutture che le compongono mutano, la famiglia di conseguenza si adatta a tali processi e si adegua.



La famiglia: cosa è oggi? Se ancora vogliamo chiamarla così, dobbiamo sgomberare la mente da ogni immagine mentale che si volti a guardare il passato, vicino o lontano che sia. Basta vedere cosa accadeva trentenni fa per comprendere che tutto è cambiato. e non in peggio.

Dunque: la famiglia non può essere più ritenuta la struttura istituzionale del mantenimento della specie. Questo è ciò che di fatto sostiene il pensiero cattolico dominante e la concezione reazionaria, conservatrice di una frangia di società a cui mancano cultura e capacità di riflessione critica.
E chi si appellasse al concetto di 'natura', sappia che nulla di più innaturale esiste della famiglia.
La famiglia non è il branco. Se i nuclei parentali più piccoli di certe specie di vertebrati, possono ricordarci le nostre realtà familiari, sarà comunque da ribadire che gli animali fanno questo per salvare la specie, si uniscono per sopravvivere, forse si amano (anzi, ne sono certo) ma non reclamano l'esclusività del modello. Il loro amore non dipende dal nucleo, piuttosto lo cementa a prescindere. e in questo suggeriscono un modo più autentico al nuovo mondo degli umani.

Ciò che noi chiamiamo famiglia, è una struttura artificiale con la quale l'uomo ha regolamentato da sempre il tessuto sociale. E' una delle tante, comprensibili e necessarie strutture che la civiltà si è data quando dalla tribù si è passati a più complessi sistemi di convivenza in grandi gruppi.
Molte famiglie - quanto meno quelle reali - sono oggi entità liberate dalla loro arcaica struttura di legami di servitù.
Le famiglie con cui si è quotidianamente in relazione sono nuclei nuovi, possono essere nuclei tradizionali, possono essere nuclei separati e ricomposti in nuove forme, sono nuclei allargati, sono entità formate a volte da un solo genitore o, grazie agli dei, sono anche formate da genitori dello stesso sesso.
Quale comune denominatore lega dunque questi complessi, differenti e fluidi crogioli di persone che possiamo chiamare famiglie? E' un tentativo. Il comune denominatore è un tentativo.
Il cercare, faticoso a volte e a volte persino disperato, di armonizzare il sentimento dell'amore e della sussistenza reciproca con il vivere caotico e complesso del nostro tempo.

Bastano due persone per fare famiglia.
E se a qualcuno sembra poco, riflettiamo sul ruolo di chi amiamo intorno a noi. Pensiamo agli amici per recuperare il senso più antico, romano, di famiglia come luogo degli affetti, degli intrecci. La famiglia moderna estende nuovamente una rete di relazioni allargate, accoglie gli amici, i compagni, le persone speciali che ci fanno stare bene, con le quali siamo a casa. Nel nido.
Ma per fare famiglia bastano due persone.
Due persone possono essere un uomo e una donna, un genitore e un figlio, due donne, due uomini. Da qui, ogni sviluppo è accettabile purché sia connesso ad un tentativo, ad un impegno serio nel portare avanti un progetto assieme.

Famiglia, ora, è provare a portare avanti un progetto assieme con impegno.
L'epoca durissima in cui viviamo non ci permette di dire molto di più. Per questo insisto sul termine 'provare a..'. Perché non possiamo promettere il futuro, mai come ora non possiamo farlo.
Dire 'per sempre' oggi è la menzogna più grande che si possa dire. Anche a un figlio.
Possiamo solo prenderci l'impegno a provare a costruire percorsi di impegno.
E questo è un diritto che deve appartenere a tutti.
Un diritto di esistere fuori e lontanissimo da quella schiavitù che sta all'origine di un termine, famiglia, che mai come ora, forse, deve essere sostituito.
A tutte le famiglie 'differenti', di qualsiasi natura esse siano vorrei dire, come insegnante e come cittadino, grazie: per tutti i tentativi che state facendo per costruire il futuro.










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