domenica 21 aprile 2013

Il paese mai esistito. La penisola della stasi.

Il procrastinarsi della situazione di stallo italiana è paradossalmente, a mio modesto modo di vedere, il punto di massimo contatto fra quadro politico e società che si sia visto mai  in Italia da almeno 30 anni ad oggi. Mai come ora mi sembra che il mosaico della classe dirigente e il suo immobilismo traducano su quel piano degradato e inaffidabile, come uno specchio grottesco ma non deformante, un contesto sociale impoverito, connotato da squallore, rabbia inespressa o espressa male, qualunquismo, pochezza di senso critico. L'elaborato sistema berlusconiano (ma con l'aggettivo s'intenda una responsabilità di sistema ben più estesa dei soli interessi del dittatore morbido) è talmente riuscita nel suo intento che non solo ha prodotto nuove, terribili generazioni di non pensanti ma è anche stata capace di rimodellare le generazioni precedenti che, quel senso critico, ce l'avevano e che ora annaspano nel peggior modo.
L'Italia è un paese triste. Socialmente triste. E' una terra di inutile bellezza, protesa alla rovina da sempre. Ora che i tempi di quella rovina incalzano, ce ne rendiamo conto ma non riusciamo a fermare lo scempio in atto. Abbiamo, io per primo, creduto in una sinistra che non esisteva. Abbiamo creduto in un paese altro, un'altra Italia, pensando da persone di sinistra che quelli come noi fossero una 'parte buona', una parte sana, sommersa, inascoltata. Ma forte della sua carica oppositiva, quella parte l'abbiamo vestita di alte idee e aspirazioni senza voler ammettere (perché il relativismo accomodante di questa nostra parte si è tinto troppo presto di concessioni e accomodamenti) che le vere cose per cui una sinistra combatte sono altre. Abbiamo difeso piccoli, grandi benesseri e ora che la crisi (la chiamiamo così con terrore ma la parola in sé ha un'etimologia meravigliosa: dal greco cernere, separare, dividere per comprendere) quel benessere lo porta via con sé, temiamo di tornare a stare peggio. Abbiamo lottato per chi stava peggio ma lo abbiamo fatto dai salotti privilegiati, ascoltando i cantautori che cantavano i carrugi e il letame, solleticati dalle loro rime coltissime e solo in apparenza popolari. Facevamo del bene, pensandolo, credendoci, con onestà, ma senza mai rinunciare a quel benessere che ora, fuggendoci, c'incattivisce.

Si è parlato di un'Italia delle arti come se queste ci riscattassero, vestigia d'un passato glorioso. E invece, lo sappiamo, esse sono figlie di una millenaria frammentazione fatta di poteri sontuosi e corrotti. Non ci sono passati gloriosi per noi. E un paese senza passato glorioso, non può avere un presente brillante. A meno che non si cambi rotta, non si compia quella rivoluzione che, per decisione storica, mai ha avuto i natali su questa penisola pigra e immobile. Perché la vera politica sta altrove di questo paese: lo disse Dante, lo ribadì Machiavelli e lo pianse Foscolo. Che l'Italia, ancora disunita, l'amarono e la odiarono terribilmente. Perché i grandi Italiani, come Pasolini, non possono che odiare questa terra d'inutile bellezza dove il sistema delle corruzioni raggiunge tutti i nervi della società, le filigrane sottili del mondo civile e ci abitua a due opposte e comunque pessime abitudini: l'illegalità o la rassegnazione.

Consideriamo una gloria storica la costituente? Bene. Lo sottoscrivo. Io per primo abbraccio commosso il più bel testo costituzionale del mondo. E allora perché, dico, perché non eleggere quale presidente della nostra martoriata Italia un costituzionalista della levatura di Rodotà? Perché i giochi di potere ancora sono così meschinamente superiori a tutto e tutti da farci impallidire innanzi a una tanto spudorata, immensa, catastrofica prospettiva di governi pattumiera? Perché giocare su nomi improponibili per poi ricadere su un vecchissimo, stanco, presidente che, nel suo secondo mandato (primato unico), ribadisce una cosa sola ovvero che in questo paese non siamo capaci di cambiare?

Lo stallo provocato dal Movimento 5 stelle è in verità sintomatico di una diffusa e capillare incapacità sociale di discernere e di crescere. Ne è un esempio lampante l'exploit di Renzi. Mi chiedo, anzi,  chiedo a tutti i miei numerosi amici che in quel giovinotto saccente e rottamatore hanno visto la chance di un cambiamento, ecco, questo dico e questo chiedo: è vero! Sicuramente se egli fosse stato designato quale nuovo leader del PD, avremmo vinto le elezioni con ampio margine (senza il mio voto, sia chiaro). Ma sapendo che il margine di voti in più sarebbe stato un fiume umano che proviene soprattutto da destra - lo so per certo, conosco gente di destra che lo avrebbe votato perché Renzi è strutturalmente uomo di destra, conformato al linguaggio mediatico di superficie, squisitamente berlusconiano- ecco, chiedo: ma che cosa avrebbe significato vincere in quel modo? Valeva davvero la pena accogliere pensieri e posizioni così radicalmente lontane dal modo, sia pure nuovo e moderno, di pensare a sinistra,  pur di vincere? Renzi avrebbe poi dovuto accontentare quell'elettorato allargato fatto di grillini educati ma riottosi, di berlusconiani delusi amanti della battuta facile, dello slogan, del discorso da bar. Allora non lamentiamoci se poi i nostri politici giocano a fare il gioco dell'inciucio. Saremmo stati i primi a sottoscriverlo. Votare Renzi sarebbe stato, sia pur in buona fede, il peggior compromesso storico della sinistra. Avremmo dato voce ad un ibrido che in superficie smantellava ciò che rabbiosamente desideriamo smantellare: privilegi, poltrone, vecchie facce e quant'altro. Ma in profondità? Avremmo scelto un sistema che non ci appartiene, che racconta un mondo che non ci piace.
Rinnovare la sinistra è doveroso. Smantellarla per farla assomigliare, nel migliore dei casi, a quell'aborto che è stata l'esperienza inglese di Blair mi sembra, invece, un errore terribile! Se è in quella direzione che volete andare, ditemelo: io non ci sto.

Del resto Bersani ha firmato il suicidio della sinistra. Non ha stoffa da leader e, poveruomo, ha cancrene lontane che rodono i fianchi della carcassa di cui cerca di tenere le briglie. Le cancrene si chiamano Dalema, Finocchiaro, Bindi e tanti altri si potrebbero mettere a seguito. Dalema è espressione di una visione cinica della politica, è il mestierante acuto ma ingordo di ruolo. E' colui che trama, che stabilisce machiavellicamente che la direzione da prendere si decide in alto, assumendo una posizione anglosassone di empirista. Le cose vanno così e  le si governano solo se ci adeguiamo ad esse. Per chi come me sogna un mondo umanamente migliore, Dalema offre solo risposte sterili. Gente come Anna Finocchiaro, la signora bene della sinistra, ha ingolfato invece il sistema con immagini schizofreniche. Predicare e razzolare in sensi opposti. Le signore bene che con la fusciacca etnochic hanno ingolfato il salotto del dibattito serale, con arroganza e falsa apertura, si sono smentite nella pratica. Figli nelle prestigiose scuole private religiose, privilegi da buona società. Insomma. Quando manca la sostanza, perché la tua sostanza è fatta d'altro, fai solo danni a sposare le grandi cause della compagine. Agire così è porgere il fianco nudo ai detrattori della sinistra. E come dar loro torto? Rosi Bindi e la cerchia dei moderati di stampo cattolico, esprimono il paradosso, anzi l'ossimoro, che avvelena la sinistra da quando il sistema bipolare (a mio modo di vedere antidemocratico per definizione) ha costretto il centro cattolico a rifluire o da una parte o dall'altra. Va da sé che a destra i cattolici destrorsi trovano terreno fertile ma a sinistra le cose si complicano. A sinistra ci sono battaglie da combattere e quella corrente d'estrazione cattolica le contrasta, le ammorbidisce, le vanifica. Rosi Bindi sarebbe un ottimo interlocutore politico se stesse fuori dai partiti della sinistra. Sarebbe una rispettabile esponente di un centro cattolico con cui si potrebbe dialogare sul piano delle riforme e di temi comuni. Ma averla assorbita al proprio interno non è altro che porgere un'accoglienza di comodo. Le tensioni gonfiano, il malcontento strepita. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Non amo il movimento 5 stelle, anzi. Grillo è esponente di spicco di un gridare veterofascista che trova linfa vitale in quel qualunquismo diffuso che il ventennio berlusconiano, come dicevo sopra, ha prodotto. Ma la vittoria elettorale del movimento va assolutamente rispettata e compresa. La supponente ironia con cui chiamiamo 'grillini' coloro che aderiscono al movimento rimette in campo cattive abitudini. Gli italiani, in modo bislacco e furisoso, hanno mandato un messaggio. Non dissimile da chi come me e altri, a sinistra, ha sostenuto SEL affinché quella voce avesse peso: una voce che mira a cambiare le cose ma lo fa con una civiltà e una competenza ben superiori a quella di Grillo.

Ma le cose non vanno. Questo paese di inutile bellezza è in stallo ormai.
Stiamo assistendo inermi agli ultimi scossoni della coda del mostro.
L'indagine del futuro si fa incerta. E' difficile capire cosa accadrà. Sicuramente staremo peggio, socialmente parlando. Ma anche in quel frangente temo che questo popolo abituato a lamentarsi non troverà risorse per scuotersi. Forse ci ha provato, sicuramente ha detto basta ad una serie di cattive abitudini senza capire, dimostrandolo anche con le scelte fatte, che i cambiamenti sono cose da pensare a fondo, che si votano i pensieri e non le persone, che abbiamo bisogno di fare ma solo se è 'fare bene'. Perché il fare per il fare, cui tanto inneggiano molti Renziani (ma che piaceva un sacco anche a energumeni del calibro della Santanchè), è un danno altrettanto malsano dell'inoperosità e suona come certa propaganda di regimi antichi e recenti.

Pensate a L'Aquila.
Io ci sono stato prima del terremoto. Era una città bellissima. Vitale ma garbata. Ricca di storia e di attività.
Ci hanno raccontato tanto di lei. Del dopo terremoto.
Fare, fare e fare. Tanti hanno detto di aver fatto.
Eppure, a guardarla oggi, l'Aquila rimane un ammasso di macerie.
La bellezza svanita. Inutile bellezza.
La vita altrove.
Ovunque, questo terribile, ammorbante, senso di stallo.

Lo stallo di noi tutti.



3 commenti:

  1. Di piccoli berluschini o aspiranti tali questa terra ne ha prodotti parecchi. A destra e, purtroppo, a sinistra. Sono tutti coloro che, rivestendo un qualsiasi incarico in qualunque tipo di amministrazione o struttura pubblica, si sentono ed operano al di sopra delle regole. Spesso neppure per tornaconto personale, ma solo per vanagloriosa voglia di mostrare il loro più o meno piccolo potere. Il cittadino italiano disprezza le regole quando deve applicarle a se stesso e il suo senso dello stato si ferma sulla soglia dell'uscio della sua casa. Non c'è sentimento e spirito nazionale. L'unitarietà della Nazione non è sentita e, neppure, immaginata. In questo contesto un imbonitore sostanzialmente fascista, ricco, sfrontato, senza pudore, politicamente incompetente ma rampante ha buon gioco. Vien preso d'esempio. La sua scaltrezza maligna scambiata per intelligenza, la sua disonestà per pragmatica operosità. Ha distrutto una generazione di giovani, ha ridicolizzato ideali e ha dileggiato e messo in mora, più volte, la Costituzione (tra l'altro mai applicata e male difesa dalle più alte cariche dello Stato e da chi aveva il dovere e la competenza per farlo). In questa bella terra si vive di compromessi continui: con la peggior politica, con la peggiore economia, con la mafia, con i poteri economici che a tutto pensano fuori che al bene comune. La politica ne è stata ghermita, corrotta, sminuita, ridicolizzata. Resa debole e ininfluente. Le decisioni (o le non decisioni...) si prendono in altri modi, tra camarille, logge, salotti... Il cittadino è un numero, una entità che serve solo al momento del voto. Se inconsapevole ed ignorante... tanto meglio. Se privo di qualsiasi tensione morale... perfetto! E a creare cittadini così si è spesa la così detta "classe dirigente" di questi ultimi anni. Addio Berlinguer, addio Pertini... Ora solo ominicchi, ruffiani di un potere autoreferenziale che pensa ed opera essenzialmente per la propria autoconservazione. Durerà? Dipende da come evolverà questa crisi, questa emarginazione di massa che crea disperazione e solitudine... Hanno eretto alti argini alla sopportazione e all'indifferenza. Ma le acque salgono e, a monte, il temporale non sembra accennare ad una diminuzione delle precipitazioni.

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  2. Grazie Lido per essere passato e aver lasciato la tua riflessione. Crisi significa scelta. Difficile. La contemplazione non ci aiuterà. Ma il fare, come dicevo sopra, dovrà essere meditato, proteso alle lunghe distanze. Dici bene: si tende a pensare al proprio spazio ristretto e le regole le applichiamo sugli altri. Io riparto da me stesso. Un abbraccio.

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  3. Un macigno pesa sulla nostra Democrazia. Un macigno che ha soffocato le anime e schiacciato i cervelli. Rimuoverlo richiederà volontà, impegno, responsabilità e... tempo. Un abbraccio anche da parte mia.

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