lunedì 8 aprile 2013

Sguardi d'arte: quando il quadro è l'inizio di una storia.

Quando nel 1867 Winslow Homer giunse a Parigi, la visione della pittura impressionista lo abbacinò come una rivelazione. Fino ad allora aveva dipinto ad olio la crudeltà delle trincee della Guerra di Secessione. L'America da cui proveniva - era nato a Boston - lo aveva incoronato pittore di guerra. E della Guerra era stato un reporter armato di pennello e occhio lucido.
Ma Parigi era un'altra cosa. In quella capitale splendente e crudele, ombelico culturale di un mondo ormai rigirato sulle proprie contraddizioni come una vite strangolatrice, c'era ancora spazio per l'illusione della bellezza e della modernità. Apprese così, il nostro pittore trentunenne, che la luce è materia, che l'ombra è colore, che un solo battito di ciglia ha il potere di trattenere l'impressione di un evento, una traccia emotiva, collocata ad una distanza tale dal reale da sublimarlo in qualcosa che di lì a poco si sarebbe chiamato avanguardia.
Prima di tornare in America, Winslow mise dentro le proprie palpebre e in valigia molto di quel sogno parigino. Negli spazi aperti e dilatati degli Stati Uniti, a contatto con una natura selvaggia e magniloquente in cui una borghesia dal vago sapore europeo si muoveva con apparente disinvoltura, applicò il nuovo linguaggio e ciò che nacque fu una pittura densa, luminosa, strutturata e talora retorica, ma con garbo.
Ci state ora a fare un gioco con me?
Guardate questo dipinto.


Si intitola 'Sulla spiaggia' e fu realizzato nel 1869. Io lo trovo incredibilmente affascinante. Mi intrigano le linee mosse del mare, creato per campiture sovrapposte, macchie di viola lividi, contrasti di turchesi smorzati,   toni di grigio e ghiaccio. Il mare è l'immenso protagonista, è un Oceano feroce, ritmico ma sregolato, innanzi al quale, come nel Monaco di Friedrich, l'essere umano è minuscolo di fronte alla natura maligna.

Ma  mentre nel dipinto di Friedrich la percezione romantica è tutta europea e l'uomo soggiace a questa natura sublime e crudele, in quello di Homer si avverte l'ottimismo americano, un senso di convivenza dell'individuo con le manifestazioni grandiose di un mostro indifferente alle umane miserie.

Ci sono cinque donne nel dipinto. Non vengono collocate al centro del dipinto, come il monaco di Friedrich. Entrano quasi per caso nell'inquadratura dal margine sinistro. Tengono le gonne sollevate, in modo giocoso, audace. Una di esse si china, forse a cogliere conchiglie o qualche mistero biologico che l'Oceano ha abbandonato su questa spiaggia. Il contrasto è splendido. Esse si riflettono nello specchio di luce che la battigia umida concede alle loro grazie.

Io trovo che questa sia la scena perfetta per iniziare un romanzo, una storia, un film. Qui c'è un potenziale immenso. Ci sono ben cinque sentieri da percorrere, siamo sul limite eccitante e spaventoso di un passato che sta alle spalle di queste donne e un futuro che sta per sconvolgere le loro vite. Da quel mare giungerà qualcosa, quell'immenso mostro irrispettoso sta per consegnare loro un segreto, una rivelazione che segnerà il nodo su cui quei 5 fili o sentieri si annodano.
Non siete d'accordo?

Bene, eccole ingrandite.


Le chiameremo come vogliamo, perché non sappiamo chi sono. Le loro vere identità rimangono confinate in quel lontano riflesso di battigia del 1869. Noi ci prendiamo l'arrogante diritto di ricrearle, dar loro un nome.
A sinistra c'è Emma, che solleva la gonna e si specchia. In prima fila, protesa a cercare meraviglie marine, Lindsay, la più giovane. Di lei possiamo immaginare quasi tutto, anche il colore dei capelli perché la terza, Rose, ne copre buon parte ai nostri occhi. Rose è vezzosa, dico bene? Impeccabile, coordinato il cappellino nero al vestito. La sua postura ha una tensione, quasi come se l'Oceano la respingesse. Segue Maude, di profilo, che trattiene la fusciacca della gonna azzurra contro gli scherzi del vento. L'ultima è Pauline, in avanscoperta. Ha il piglio di una giornalista.

Che cosa sta per rivelare loro l'Oceano? Cosa sta per giungere a trasformare una giornata oziosa e ventosa, un'audace e innocente aggressione di  cinque donne (o fanciulle) al vasto regno dei flutti, in un'epifania destinata a raccontarci le loro vite e il loro incredibile futuro?

Io vi lancio questa provocazione. 
Sarebbe davvero bello sentire le vostre idee, le vostre risposte, le vostre storie (anche l'inizio... quello che volete) per dare vita ad una narrazione corale, misteriosa, che dal quadro prende una vita sua, autonoma. 
Che le vostre palpebre si spalanchino, ora!
Resto in attesa!

il dipinto è conservato nell'Arkell Museum.

4 commenti:

  1. Eppure l'avevo detto a Pauline di lasciare a casa sua sorella. Ma lei niente. Come al solito non ascolta. È sempre troppo impegnata ad elaborare quelle storie che poi finiscono in qualche rivista d'appendice. E si crede una giornalista! Se non fosse per i soldi che suo padre ha fatto con le piantagioni di tabacco si occuperebbe di accalappiarsi un marito ricco e manesco e ci penserebbe lui a strapparle la penna di mano! E sua sorella cresce anche peggio, se possibile! Lindsay s'è fissata: vuol fare la scienziata! Dall'alto dei suoi tredici anni ripete che le donne hanno, per natura, uno spirito d'osservazione più sviluppato rispetto agli uomini e, con questo, è sicura di essere abbastanza in gamba da scoprire nuovi fossili o che so io! Non che mi interessi molto poi. Come se non sapessi che il destino di noi tutte è già scritto da qualcun altro. Essere donne significa avere già un futuro ben delineato. Un marito, dei bambini, una casa da mandare avanti, qualche serata in società e lo svago di una passeggiata al parco ogni tanto o una settimana di villeggiatura sulle rive dell'Oceano. Quello stesso Oceano che ora si staglia davanti a me, immenso e terribile. Lo guardo ma non lo temo. Più volte ho pensato di porre fine ai miei giorni gettandomi in quell'immenso azzurro. Sì, ho di questi pensieri. Pensieri che so per certo non avranno mai sfiorato la graziosa testolina di Rose, intenta a coltivare la sua bellezza come un talento. Come se servisse a salvarla da quella vita già scritta a cui tutte siamo destinate inevitabilmente. Ma Rose da quella vita non vuole minimamente fuggire. Lei la brama. Lei non è mai fuori posto o inadeguata. Lei è il vero frutto di questa società maschilista e prevaricatrice. Ne è il prodotto perfetto. L'apoteosi. Una bambola di porcellana nata per essere ammirata ed invidiata. Si capisce da come la idolatra Maude. Maude la svampita. Dicono che le manchi qualche venerdì da quando a 8 anni è caduta in quella buca nel bosco e ha picchiato la testa. Sembra una bambina Maude. Più piccola perfino di Lindsay. Ma quel perenne sorriso che le illumina il volto è la cosa più triste che io abbia mai visto. E spesso mi chiedo se, in un barlume di coscienza, lei se ne renda mai conto. Ma poi guardo l'immenso Oceano davanti a me e questi pensieri svaporano. Mi sento crudele a giudicare le mie amiche in maniera così severa. In fondo tentano di afferrare la felicità, ognuna a modo suo. E chi l'ha detto che ci sia qualcosa di sbagliato in tutto questo? Ognuno di noi, in fondo, tenta di sopravvivere.

    -Emma, che succede? Perché piangi?
    -Niente, Pauline. Non sto piangendo. Sono gli spruzzi dell'Oceano in tempesta. Mi sono avvicinata troppo all'acqua. Perché non rientriamo, ragazze? Qua fa troppo freddo, rischiamo di ammalarci. Andiamo a casa a bere una cioccolata calda.

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  2. Ma che bello! Stregato da tutte, in particolare da Maude...

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  3. Grazie. Mi è piaciuta un mucchio questa cosa! Sai che mi sa che la propongo pure sul mio blog Ricca... Nel caso, naturalmente, ti cito ;)

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