domenica 21 aprile 2013

Memorie di un maestro precario. Io, l'arpa e i bambini della classe sismica.

Abbiamo vinto. Anzi, ha vinto la musica.
La settimana era stata pesante, la stagione non aiuta e siamo tutti stanchi.
A scuola si dura una fatica bestiale, si lotta contro resistenze d'ogni tipo.
Sono riaffiorate antiche abitudini, certe arroganze che a fatica avevamo sopito. Ogni proposta che facevo veniva polemizzata, aggredita, mal sopportata dal solito gruppetto di provocatori e provocatrici che, a volte, tengono in stallo la classe. Sono ricorso varie volte alla durezza, alla minaccia.
Conquisto l'attenzione ma perdo come docente.
Ero dunque stanco e stufo, non vedevo l'ora di finire la settimana. Il venerdì pomeriggio in genere ci salutiamo col cineforum ma non avevo trovato il film che desideravo far vedere ai bambini (anche perché, ultimamente, è difficile accontentarli....). Preso dall'estro, ho portato a scuola la mia arpa celtica.
E' stata una sorpresa.
Sanno che la suono, ma trovarsela così, in classe, reale ed elegantissima è stato uno shock efficacissimo.
Nel dopomensa li ho lasciati giocare liberamente in giardino poi, al fresco degli alberi, ci siamo attardi con due chiacchiere per rilassarci e farci due risate. Era il momento: siamo saliti in classe. Il solito caos poi le mie mani sull'arpa. Due note e due voci in meno, tre note ed è il calo della confusione. Alla quarta, silenzio.

Abbiamo passato due belle ore. Mi hanno ascoltato, poi per ringraziarli ho cantato i loro haiku mettendoli in musica.
Il maestro che canta e suona, e suona i nostri haiku! - In cuor mio un po' mi vergognavo ma sapevo che era una strada da tentare. Dopo le prime resistenze, tutti hanno desiderato ascoltarsi attraverso la mia voce e la musica. Mi sono messo in gioco. E loro hanno espresso riconoscenza autentica.
Abbiamo cantato assieme.
I maschi, soprattutto, mi stavano vicini. Mi studiavano. Alla fine delle varie esecuzioni mi guardavano, riproducevano i miei gesti che capivano non essere femminei ma comunque carichi di un'eleganza e di una grazia che, sì, ebbene, può essere anche di un uomo, di un maschio.
- Maestrooo, ma chiudi gli occhi quando suoni e ti lasci trasportare... - ha detto Parlatoreaduemila che è un grande calciatore e si è sciolto come burro. Mi imitava e diceva, sempre nel suo linguaggio velocissimo in cui si mangia 3 quarti delle parole: - bello, mi sembrava di vedere dei colori!
- Maestro, ma come fai a trovare le corde giuste? - chiedeva Biondascorbutica.
- Maestro, bellissimo! Mi faceva piangere questo pezzo! - la Scrittricelogorroica, abbracciandomi.
Insomma, siamo stati bene. La musica dal vivo, amplificata dall'utero luminoso della nostra classe, una grandissima classe, ci ha rimesso in pace quasi tutti con tutti. Solo tre hanno preferito andare in quinta a guardare il film. Non sono rimasto deluso per me ma per loro, per una radicata incapacità di cui non hanno colpa, quella di non potersi abbandonare.
Uno trova noiose le emozioni, una non le regge e deve sfuggirle, il terzo vive - ahimé - in un suo mondo nel quale nemmeno la novità riesce a penetrare. Ho provato con garbo a chiedere se avevano delle richieste ma hanno preferito andarsene e li ho lasciati andare. Ormai alle sconfitte ci sono abituato, ormai penso che esse abbiano per me una valenza persino costruttiva.
Ho continuato a suonare mentre, per regalo, loro disegnavano per me ciò che la musica aveva suggerito.
Avrei preferito 24 disegni, è vero, e ne ho ricevuti solo 21. Tre assenze contano ma io, ora, mi godo quel connubio meraviglioso che mi ha rimesso in pace con la mia classe e con la settimana andata storta.
Stiamo sopravvivendo ma venerdì la nave alla deriva aveva di nuovo vele gonfie, gonfie di vento, di luce e di musica.





2 commenti:

  1. “Una personalità intimamente buona e virtuosa esercita, anche senza volerlo, una suggestione benefica, diffonde sempre intorno a sé un’atmosfera più pura, rendendo gli altri in qualche modo migliori. E soltanto una personalità cosiffatta può dare anima all’opera del maestro e renderla veramente educativa” (G. CALÓ, L’educazione degli educatori, 1915) - Auliath

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