lunedì 13 maggio 2013

Il senso di un compleanno. Le tappe.

Era martedì quando sono nato, il 13 maggio del 1975.
Maggio mi regalò il segno del toro e dunque il dominio sensuale di Venere. Il giorno della settimana mi segnò con la spada di Marte e mi consegnò ad una vita guerresca.
La prima cosa che ho disegnato sono state balene e meduse.
A due anni ho tentato di strozzare una rondine ma i miei genitori, che credevano che i bambini fossero buoni (ma da allora non più), la salvarono.
A quattro anni ho deciso che disegnare era una roba fantastica.
A cinque anni i miei amici mi guardavano in cagnesco perché li costringevo a disegnare.
A sei anni è iniziata la scuola ed è finita la pacchia. Il giorno del mio sesto compleanno spararono al Papa ed io ero incazzatissimo perché tutti davano più importanza a lui che a me.
A sei anni e mezzo, visto che strimpellavo orrendamente il piano di mia nonna, mi costrinsero a studiare musica.
A sette anni è nato mio fratello Francesco:ero felicissimo. Ho scelto io il suo nome.
A otto anni, grazie alla mia maestra, ho scoperto la meraviglia dello scrivere.
A nove anni ho capito che qualcosa non andava. Che il mio modo di essere non quadrava del tutto col mondo.
A undici anni sono diventato uomo.
Sempre a undici anni ho composto la mia prima musica, alterando di un grado un esercizio del bayer.
A dodici anni vinsi un concorso per un libro che avevo scritto e mi operai di appendicite così che non potei ritirare il premio.
A tredici anni ero nel casino più totale e non capivo molto.
A tredici anni soffrivo come un cane.
A quattordici anni ho iniziato il liceo Majorana ed è partita la fase più difficile della mia vita. Non tornerei a quegli anni infami nemmeno se mi pagassero.
A quindici anni mi sono rinchiuso in una stanza col mio pianoforte, le matite e la penna e ci sono rimasto per tanto. Il mondo esterno mi spaventava. Ebbi bisogno di aiuto.
La mia adolescenza non mi è piaciuta molto.
A diciassette ani ho capito che non quadrare del tutto col mondo fa soffrire ma ci si può fare. Avevo tantissimi capelli.
A diciannove anni ho capito quello che già sapevo. Ma dovevo dirlo. C'è chi è fatto per il sole e chi per luna. Stavo dalla parte della luna. Iniziai a perdere i capelli. Mio padre e mia madre e carissimi amici mi sollevarono verso il cielo.
A diciannove anni ho iniziato l'Università. Anni meravigliosi, la mia rinascita.
A venti anni ho intrapreso lo studio dell'arpa celtica.
A ventiquattro anni mi sono laureato la prima volta, in storia dell'arte. La mia band nasceva quello stesso anno e la musica mi abbracciava definitivamente.
A ventisei anni ho vinto il dottorato e mi sembrava quasi di essere bravo. In quell'anno ho conosciuto l'amore ed è ancora qua, con me, nel tempo avverso e in quello favorevole. La mia terza rinascita.
Avevo ventisette anni quando mia nonna paterna è divenuta cieca. Iniziai allora a scrivere la città rosa.
A trentanni iniziai a capire che in Italia il merito non aveva molto senso e che le cose si mettevano male.
A trentadue anni, dopo dieci anni di bellissimo e mal retribuito lavoro didattico nei musei con bambini e adulti, ho mandato a quel paese una direttrice dispotica e scorretta. Mi sono iscritto di nuovo all'università.
A trentatre anni, mentre studiavo, sono stato insegnante di sostegno nella scuola superiore, ed è stato meraviglioso.
A trentaquattro anni mi sono laureato per la seconda volta e ho iniziato la mia attuale professione di maestro nella scuola primaria. Quell'anno è morto mio nonno.
A trentasei anni, grazie a mio padre e mia madre, ho fatto un mutuo ed ho comprato una casa in un posto bellissimo.
A trentasette anni ho pubblicato il mio primo libro!
Oggi compio 38 anni. Un bel traguardo. Mio fratello mi ha regalato una nipote, Lidia.
Mi guardo allo specchio. Testa rasata per ingentilire la calvizie, barba con parecchi peli bianchi (ma molto affascinanti, direi). Un cd con la mia band in uscita, lo spettro della disoccupazione estiva alle porte, l'amore vicino, il bene di tante relazioni che mi circondano. Fra queste, due nonne formidabili simili a querce.
Grazie! Grazie 13 maggio per avermi consegnato alla vita. A questo gran fluire contrastato. Ti ringrazio per le nuvole che mi accompagnano da sempre, come balene fluttuanti. A ricordarmi che un cielo azzurro, terso e limpido, non è bello se non è attraversato dal transito bianco dei nostri sogni e delle nostre battaglie. Le nuvole-balene! Le stesse che disegnavo da bambino.
Sono nato sotto il segno di Venere e sotto quello di Marte, non me lo scordo.
La passione l'alimento e se c'è da combattere, io vado.
Ai miei capelli andati, alla parte della luna che ancora è in ombra, alla bellezza delle persone incontrate, al mio amore.
A mia nipote Lidia, che rende questo compleanno diverso, più profondo di tutti gli altri.
Auguri Riccardo, ti voglio proprio bene.








2 commenti:

  1. Questo lottare e rincorrere la felicità lo conosco bene. Anche io, in una poesia che ho scritto tempo fa, mi sono paragonata ad un guerriero. E, spesso, mi paragono ad un marinaio che ama il mare in tempesta (e il mare ce l'ho dentro!). E pure io mi amo moltissimo come, un po' di tempo fa, mi fece notare una persona molto importante (fino a quel momento, forse, non ci avevo mai pensato veramente). E quindi capisco. Ti capisco. Molto bene. E ti auguro un compleanno bellissimo perché non dovremmo mai smettere di ringraziare per avere avuto la possibilità di esserci! Auguri Ricca.

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  2. Non so perchè non ti risposi allora: grazie infinite.

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