Avevo promesso ai bambini che se si fossero comportati correttamente alla gita all'acquario di Genova, avrei fatto loro una sorpresa. Poiché la gita è stata proprio bella e loro hanno dimostrato maturità, la promessa è stata mantenuta. In verità, l'avrei mantenuta anche se le cose non fossero andate così bene a Genova (lo so, lo so.... è pedagogicamente sbgliatissimo ricattare i bambini con promesse e ancor più, mantenerle se le condizioni non sono state rispettate...ma che ci volete fare? Sono un disastro da quel punto di vista... amen). Se poi aggiungete che, invece, i ventiquattro epicentri sismici della classe si sono rivelati dei meravigliosi compagni di viaggio, mantenere la promessa antipedagogica mi ha fatto ancor più piacere.
Bene, sapevano che martedì mattina, dopo la ricreazione sarebbe giunta la sorpresa.
- Cosa è? Chi è? - Chiedevano da giorni. Anche i genitori, sentendo questa voce, all'uscita mi facevano domande curiose. Ma io zitto come un pesce dell'acquario di Genova. Le sorprese sono misteri che funzionano se e solo se li si serba fino al momento in cui non si svelano. Io credo molto nel valore emozionale e formativo delle sorprese.
Martedì mattina i bambini mi hanno visto arrivare a scuola col mio grande pianoforte elettrico a tracolla.
- Ohhh, la pianola! Che bello...
- Non è una pianola - rispondo stizzito (i miei amici sanno che se vogliono offendermi nel peggior modo, devono chiamare il mio raffinato pianoforte yamaha 'pianola') - ma un pianoforte!
- ragazzi, ragazzi! - grida da fondo le scale la mia loquace Segretaria, la Scrittricecuriosa . - Il maestro ha portato la pianolaaaa!
- Che bella sorpresa! Era questa vero? - Ribatte Parlatore a duemila che nel formularmi la domanda ad una velocità impossibile è come se mi avesse chiesto: - Cbbllsrpr,eqtvro?- Ma io ormai sono bravissimo a decifrarlo. Nego.
- A parte che non è un pianola ma un pianoforte elettrico, ma non è questa la sorpresa.
Ho allestito il piano nell'agorà della classe e poi, quando sono riuscito a farli sedere, ho cercato di parlare. Ma non c'era attenzione. La mattina il terremoto non si calma con facilità. Allora ho messo le mani si tasti. Un re maggiore con dei tremoli. Una folata di vento magico.
Le voci scemano. Scende un silenzio e la musica si infiltra. I loro occhi bellissimi si voltano. Ora ci siamo.
Parlo mentre le mie mani suscitano un vento leggero con accordi aperti (incidono sull'umore lasciandolo in attesa...):
- Abbiamo passato un anno importante, lungo e bello. Anche difficile. Siamo cresciuti, abbiamo imparato tante cose. Vorrei che stamani ci scambiassimo un regalo. Io suonerò per voi fino alla ricreazione e voi scriverete un testo, un testo come preferite, ispirati dalla mia musica.
Accettano. Prendono i quaderni.
Io inizio a viaggiare, percorro le geografie di un anno importante come se fossero le tappe di un itinerario dentro una mappa fatta di emozioni, incontri, scontri, tentativi, perdite e conquiste. Loro non lo sanno ma mi sto congedando. Ogni anno arrivo a questo maledetto punto in cui l'essere precario mi distrugge, sento di aver costruito qualcosa (bene o male non so) e poi il futuro incerto mi rende impossibile promettere a me e a loro che a settembre ci sarò di nuovo, ci saremo di nuovo. Che andremo avanti assieme.
Suonavo e dentro di me sentivo di carezzare uno per uno i loro cuori, portarmene un ricordo con me. Il mio è un lavoro, non una missione. Ma è un mestiere che lega fortemente, che agisce sulle emozioni e sugli affetti. Non è facile mantenere distanze equilibrate. E forse non voglio nemmeno che sia così.
La musica ha sollevato la nostra classe nel cielo, sopra le nuvole, verso un orizzonte che deve essere il loro, non il mio. Un insegnante deve indicare l'orizzonte ai suoi allievi. E lasciare che essi abbiano strumenti per raggiungerlo come meglio credono.
Quando mi hanno portato i loro testi, li ho letti accompagnandoli con la musica. Non vedevo gli errori, non mi infastidivano le incongruenze sintattiche. Era il loro regalo. Ed era bellissimo così. La mutevolezza della musica, i vari passaggi si sono trasformati in un cangiante rifluire di parole, immagini. A volte persino in un torrente di non senso che mi ha commosso. C'erano pirati, fuochi notturni, cieli stellati, c'era il vento (che è il mio elemento principe), la foresta incantata, il sole, la tristezza e l'allegria, la paura, la dolcezza.
Quella fatica di parole mi ha abbracciato, mi ha portato di nuovo nel cielo indicandomi un orizzonte, stavolta tutto mio. Perché la mia inesperienza di insegnante ha bisogno di evolvere e nessuno più dei bambini mi può indicare la via.
- Che bella sorpresa Maestro.
- Che bel regalo bambini, grazie. - Li ho abbracciati alla fine di ogni lettura - Ma la sorpresa vera arriverà dopo ricreazione!
Allora di nuovo è scoppiato il terremoto per sapere chi o che cosa sarebbe venuto o avvenuto. Ma io zitto come un lamantino dell'acquario di Genova.
Passata la ricreazione - eravamo ancora in giardino - è giunta la sorpresa. Elisa, la cantante del gruppo di cui faccio parte, gli Actias Luna, è venuta a scuola. Mi ha fatto questo regalo immenso. L'avevamo progettato da tempo, ha fatto un cambio turbo a lavoro ed è venuta da Pisa proprio per fare loro una sorpresa. Sanno che suono in un gruppo ed hanno ascoltato qualche nostro pezzo. Soprattutto sono innamorati di una canzone 'Sebastiano', sulla quale abbiamo lavorato per parlare di discriminazione e pregiudizio. Nessun tema come la comprensione della diversità mi accompagna da sempre. La canzone parla di un fatto di cronaca: un bambino effeminato che i compagni prendevano in giro, si lascia morire nella neve credendo di potersi addormentare e risvegliare in un mondo migliore. La storia e la musica della canzone hanno scioccato i bambini a tal punto che varie volte mi hanno fatto domande volendola riascoltare.
Elisa era venuta proprio per questo ma non solo.
L'hanno accolta, anzi! Assaltata.
Elisa è una persona delicata, emana una luce soffusa e avvolgente. Vederla alle prese con quella selva di emozioni irruente è stato bellissimo. Si avvicinavano gridando, curiosi, colmi di energie e poi, mentre lei rispondeva sottovoce, a volte con una pausa, si calmavano e si quietavano.
Insomma, siamo saliti in classe e ci siamo sistemati. Hanno creato uno stipatissimo golfo mistico a mezzaluna intorno al piano e alla cantante. C'era anche Giulia, la mia meravigliosa collega di classe, con la quale ho condiviso un anno professionale ed umano importante e dalla quale ho imparato tanto. Ero felice che ci fosse. Anche se sapeva di questa sorpresa, il regalo era anche per lei, per esprimerle riconoscenza, per festeggiare assieme. Giulia ha ali potenti per volare, deve solo scoprirlo. Sta già volando alto e i bambini Le devono tantissimo. Spesso, entrando in classe sul cambio dell'ora, li ho visti navigare altissimi verso le mete complesse della matematica e delle Scienze, danzare come meteore nello spazio multiforme della geografia. Giulia è stata uno specchio per me, il più prezioso. Le sue parole mi hanno calmato quando ero teso, ravvivato quando ero spento, sorretto nel mare mosso, trascinato quando c'era bonaccia. Dovevo dire GRazie a Giulia, anzi, volevo dal profondo del cuore dirLe Grazie. E' importante esprimere riconoscenza.
Desideravo anche che la scuola accogliesse Elisa come un luogo di apertura dovrebbe fare. E così è stato. Sara, la variopinta collega di quinta, la poetessa, Le ha portato una caraffa di acqua con un bicchiere. Sorriso e gentilezza, ciò che basta.
Così, ad inizio anno, Sara accolse me, spaurito precario pieno di insicurezze e paraventi da abbattere. Con un sorriso ed un entusiasmo che solo le persone veramente aperte hanno, Sara è stata la prima luce che mi ha mostrato l'orizzonte bellissimo entro cui avrei vissuto questo viaggio. In quell'orizzonte c'erano i volti di tutti gli altri colleghi che mi avrebbero regalato momenti di umanità e di crescita. Grazie Sara per avermi accolto e per avere accolto chiunque. L'accoglienza è un dono senza eguali. Dona cittadinanza a chi non ce l'ha. Consegna una chiave per avere accesso, ci rende uguali, ci rende preziosi.
Mi è sembrato un gesto bello e prezioso che Sara portasse l'acqua a Elisa.
E' così che le società dovrebbero funzionare. Ripartire da autentici gesti di accoglienza.
Quando la musica è partita, Elisa ha emanato la sua voce. Io conosco quella voce, l'ho protetta e studiata. So che non ha eguali. Esiste solo lei, chiusa fra il diaframma e l'anima della mia amica speciale. Quanto nel parlare Elisa mantiene un tono basso e delicato, tanto quella voce esce nel canto profonda, acuta, potente. Eccola ora cantare Sebastiano, avvincere i bambini, commuovere Giulia. Una voce incantata, come la musica di Orfeo che avvinceva animali, piante e uomini.
Inizialmente intimorita da quel pubblico, Elisa si è sciolta e l'incanto ci ha portato altrove. Sulle cullanti note di una Ninna nanna per calmare le tempeste chiuse dentro i bambini, nell'abbraccio breve e intenso di alcuni haiku, nel fruscio sonoro del bastone della pioggia, fino al roboante frastuono della Metropoli di Beffamburgo.
Abituati al cattivo canto di tanta musica che infesta le nostre orecchie, ascoltare quello strumento meraviglioso, limpido e potente, ci ha fatto proprio bene.
Alla fine, per ricambiare la gentilezza di Elisa, i bambini le hanno donato un disegno, un haiku o una canzone scritta sull'onda della suggestione. Ognuno nel suo modo, ha detto grazie. E io sono stato felice perché martedì mattina lo ricorderò come il giorno dei ringraziamenti, quelli espressi e quelli interiori. Un giorno che vorrei chiamare non 'Giorno del ringraziamento' bensì 'Giorno della riconoscenza'. Io credo che sia bello e doveroso dirsi grazie.
Lo dico ai miei 24 bambini, a Elisabetta, la loro maestra degli scorsi anni che me li ha passati in consegna aiutandomi a comprenderli uno per uno, lo dico a Giulia, mio specchio e mia compagna di viaggio, a Sara che accoglie e illumina, a Tiziana che sorride e mi dona la luce anche se piove, a Carla che come una quercia racchiude sotto la chioma esperienza e storie, a Valentina che ci ha coinvolti in una magia unica di creature meccaniche, aironi e distese di bellezza; a Antonio e Alessandra che sanno sempre sorridere e porgere una mano; a Licia che attendeva di condividere la sua esperienza come un fondale marino segreto, a Daisy che sottovoce ci raggiunge con delicati pensieri e regala dolcezze che profumano di mandorle, a Elena che dialoga e che guida anche nel tempo avverso, a Cristina maga delle scienze e dell'informatica, a Licia riservata ma pronta ad aiutare, a Tamara dalla disponibilità unica, grazie ai giochi di prestigio e magia di Giancarlo. E poi ringrazio di cuore le due colleghe di sostegno, Letizia che regala sguardi trasversali e supporta tenacemente la mia disorganizzazione del mercoledì pomeriggio e Maria, con il suo ascolto costante e la sua delicata mano che sorregge.
Dico grazie ai genitori, coi quali il dialogo è necessario, a volte faticoso, a volte illuminante. Costruire percorsi richiede ascolto e rispetto e ce l'abbiamo fatta.
Ringrazio la scuola pubblica, questa, fatta di gente che lavora, che si confronta, che sopravvive in questi tempi in cui, la grande nave dell'istruzione statale sta andando a picco. Possiamo fare di tutto, tentare il tentabile ma alla fine, anche questa ricchezza e queste professionalità uniche, se le cose non cambiano, andranno a picco.
E di questo non diremo grazie a nessuno.
Elisa è andata via col sorriso.
In classe avevamo tutti il sorriso.
Le sorprese fanno bene.
Ancor di più, essersi detti: 'Grazie'.
Elisa, grazie a te per tutto. Grazie alla tua voce.
Martedì mattina non ce la scorderemo più.
foto by Carlo Alberto MAgli
Sono profondamente commosso. Auliath
RispondiEliminaGrazie di averlo scritto. Di avere lasciato, come sempre, una traccia.
EliminaHo letto le tue parole e ho pianto, a lungo e in silenzio... Penso che sarebbe magnifico e salutare che tutti i contesti di lavoro, non solo la scuola, fossero abitati da persone così profonde, capaci di confrontarsi e di costruirsi con forza ed umiltà il proprio posto all'interno di relazioni costruttive...penso a tutti quei semi che hai lasciato dentro i tuoi bambini, a quelli che stanno germogliando e ai frutti che hai raccolto o che ti sono stati offerti da loro, segni tangibili che la strada è quella giusta, che stai facendo bene...penso che se diventeranno delle persone buone, rispettose e con la testa pensante sarà anche grazie a quel maestro che avranno avuto tanti anni prima e che non sarà mai riuscito ad abbandonare il loro cuore...e penso che sei meraviglioso... (dall'alto della "piramide")
RispondiEliminaChiunque tu sia, grazie di queste belle parole. Ti sono riconoscente.
EliminaCaro Riccardo, in questo "racconto" hai stravolto tutto quanto di negativo abbiamo assimilato in merito alla crisi del sistema scolastico pubblico italiano. Anche per i non addetti ai lavori, come me, tutti, credo, abbiamo abbinato scuola pubblica= disastro e nemesi della didattica. Hai il potere di trasformare il "brutto" in bello e incantevole.
RispondiEliminaGrazie Linda, speriamo in un futuro diverso. Anzi, costruiamolo che la speranza non è mai attiva. Ti abbraccio.
EliminaCiao Riccardo, grazie come sempre per aver condiviso con noi queste emozioni...
RispondiEliminaGrazie a te, Angela, che sai bene cosa significa remare contro lo sfascio della scuola. Un abbraccio.
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